La Storia e l'Arte

  • SAN MARCELLO AL CORSO

    STORIA
    Il primo cenno storico dell’esistenza in Roma di una chiesa detta “di Marcello” si trova nella lettera del 29 dicembre 418, con la quale il Prefetto di Roma Simmaco informava l’imperatore Onorio della contemporanea elezione, avvenuta il giorno prima, di papa Bonifacio I, nella chiesa di Marcello, e di Eulalio (antipapa), nella basilica lateranense. Più tardi la chiesa è spesso ricordata nelle fonti storiche come “titolo” di Marcello e infine chiesa di S. Marcello, Papa e Martire. Più volte, fin dai tempi antichi, fu arricchita di doni da Sommi Pontefici. Nel 1369 venne affidata all’Ordine dei Servi di Maria. L’antico edificio era a pianta basilicale, con orientamento opposto a quello attuale, avendo allora l’ingresso ad oriente e l’abside ad occidente. Nella notte del 22 maggio 1519 l’antica chiesa fu quasi completamente distrutta da un incendio; nel rogo si salvò miracolosamente un grande crocifisso ligneo, che da quel momento divenne, ed è tuttora, oggetto di grande venerazione. La riedificazione, iniziata subito su progetto di Jacopo Sansovino, continuò sotto la direzione di vari architetti, tra i quali Giovanni Mangone, Giovanni da Firenze, detto Nanni di Baccio Bigio, e suo figlio Annibale Lippi, al quale si deve l’armoniosa abside.

  • ARTE

    Anticamente detta San Marcello in via Lata, fu una delle prime chiese cristiane di Roma. Chiesa di S. Marcello Il primo cenno storico dell’esistenza in Roma di una chiesa detta “di Marcello” si trova nella lettera del 29 dicembre 418, con la quale il Prefetto di Roma Simmaco informava l’imperatore Onorio della contemporanea elezione, avvenuta il giorno prima, di papa Bonifacio I, nella chiesa di Marcello, e di Eulalio (antipapa), nella basilica lateranense. Più tardi la chiesa è spesso ricordata nelle fonti storiche come “titolo” di Marcello e infine chiesa di S. Marcello, Papa e Martire. Più volte, fin dai tempi antichi, fu arricchita di doni da Sommi Pontefici. Nel 1369 venne affidata all’Ordine dei Servi di Maria. L’antico edificio era a pianta basilicale, con orientamento opposto a quello attuale, avendo allora l’ingresso ad oriente e l’abside ad occidente. Nella notte del 22 maggio 1519 l’antica chiesa fu quasi completamente distrutta da un incendio; nel rogo si salvò miracolosamente un grande crocifisso ligneo, che da quel momento divenne, ed è tuttora, oggetto di grande venerazione. La riedificazione, iniziata subito su progetto di Jacopo Sansovino, continuò sotto la direzione di vari architetti, tra i quali Giovanni Mangone, Giovanni da Firenze, detto Nanni di Baccio Bigio, e suo figlio Annibale Lippi, al quale si deve l’armoniosa abside.

  • Facciata

    L’odierna facciata, capolavoro (1681-1683) di Carlo Fontana, è concava, a due ordini. Nell’inferiore, due coppie di colonne sorreggono il frontone con arco non chiuso, in mezzo al quale si erge un’edicola vuota, che avrebbe dovuto contenere un bassorilievo. Altre due coppie di colonne individuano uno spazio intermedio tra le prime e il fondo concavo della facciata. L’ordine superiore, nel quale è riproposta la ripartizione degli spazi, è ornato ai fianchi da belle foglie di palma al posto delle consuete volute e termina con il timpano, nel quale è rispettata, come in quello piccolo dell’edicola, la curvatura della facciata. Il tondo sopra il portale, capolavoro (1683-1684) di Antonio Raggi, raffigura S. Filippo Benizi che rinunzia alla tiara. Le statue raffiguranti S. Marcello e S. Filippo Benizi, poste nelle nicchie, sono opera (1686) di Francesco Cavallini; le statue raffiguranti i Beati Gioacchino Piccolomini e Francesco Patrizi e quelle allegoriche della Fede e della Speranza sono opera (1703) di Andrea Fucigna.

  • Interno

    L’interno della chiesa è a pianta rettangolare con cinque cappelle per lato con archi a tutto sesto, poggianti su pilastri. Dieci finestroni, cinque per lato sulla trabeazione, danno luce all’ampio vano. Il completamento sostanziale della decorazione interna è dovuto alla famiglia Vitelli, originaria di Città di Castello. Nel 1573 Angela Rossi Vitelli fece decorare tutta la cappella centrale; Mons. Giulio Vitelli, fece costruire dall’architello Carlo Lambardi, negli anni 1592-1594, a glorificazione dell’Immacolata, il sontuoso soffitto ligneo. La decorazione pittorica è dovuta in massima parte a Giovanni Battista Ricci da Novara, che la portò a termine nel 1613 con l’imponente affresco della Crocifissione nella controfacciata. Sulla parete d’ingresso, a destra di chi entra, sta il cenotaffio del Card. Francesco Cennini, opera di Francesco Vecchietta; a sinistra il monumento funebre del Card. Giovanni Michiel e del vescovo Antonio Orso, già erroneamente attribuito a Jacopo Sansovino ed ora ritenuto opera assai probabile del Cicilia.

  • Cappella dell'Annunciazione (prima a destra)

    La pala dell’altare è di Lazzaro Baldi (1623-1703), allievo di Pietro da Cortona, mentre il gruppo ligneo della Pietà, tradizionalmente ritenuto della scuola berniniana, è del 1700. La volta fu dipinta nel 1607 dal viterbese Tarquinio Ligusti; i dipinti sui pilastri d’ingresso sono del romano Silverio Capparoni (1831-1907).

  • Cappella delle SS. Degna e Merita (seconda a destra)

    La pala dell’altare del 1727 è del pittore Pietro Barberi (1684-1730); i dipinti della volta sono del tedesco Ignazio Stern (1679-1748). Addossati alle pareti laterali i monumenti sepolcrali sono opera di Bernardino Cametti (1669-1736).

  • Cappella della Madonna delle Grazie (terza a destra)

    Nella parete di fondo la Madonna con il Bambino è un affresco trecentesco dell’antica chiesa; attorno ad esso Francesco Salviati dipinse nel 1563 episodi della vita della Vergine. Gli altri affreschi sono opera del già citato Giovanni Battista Ricci.

  • Cappella del Crocifisso (quarta a destra)

    Il Crocifisso dell’altare è una scultura lignea quattrocentesca salvatasi miracolosamente dall’incendio del 1519. Gli affreschi della volta sono opera di Perin del Vaga (creazione di Eva e gli Evangelisti Marco e Giovanni) e di Daniele da Volterra (evangelisti Marco e Luca) su cartoni dello stesso Perin del Vaga. Sull’altare un prezioso ciborio è opera di Carlo Francesco Bizzacheri (1655-1721). La mensa dell’altare è sostenuta da un cippo funerario romano del III secolo, ricoperto nel XII secolo da un mosaico con una scritta che ricorda la ricognizione di reliquie di martiri tratte da un antico cimitero sulla via Salaria. A sinistra il monumento funerario del Cardinale Consalvi e del fratello Andrea è opera di Rinaldo Rinaldi (1793-1873), allievo del Canova. Sulla parete opposta il monumento del Cardinale Carlo Grano (titolare di S. Marcello dal 1967 al 1976) è opera di Tommaso Gismondi.

  • Cappella di San Pellegrino Laziosi (quinta a destra)

    In origine dedicata a S. Antonio da Padova fu, nel 1716, concessa al Cardinale Fabrizio Paolucci che la dedicò al Santo forlivese Pellegrino Laziosi. I dipinti sono opera di Aureliano Milani (1675-1749) e rappresentano fatti miracolosi della vita del Santo. La volta è una tempera del XVIII sec. Con la gloria dello Spirito Santo.

  • Cappella Maggiore

    I dipinti della volta sono del già ricordato Giovan Battista Ricci mentre i dipinti sottostanti raffigurano quattro santi dell’Ordine dei Servi di Maria e sono opera di G.B. Polenzani (1867). Al centro la Gloria di S. Marcello è opera di Silverio Capparoni. I seggi in noce del coro furono realizzati nel 1642 e l’organo è un Mascioni del 1942. La balaustra del presbiterio fu realizzata da Luca Berrettini (figlio di Pietro da Cortona) nel 1669.

  • Cappella di San Filippo Benizi (quinta a sinistra)

    Gli affreschi sono di Bernardino Gagliardi (1609-1660), la pala dell’altare raffigurante S. Filippo Benizi con i Santi Alessio e Giuliana Falconieri è opera di Pier Leone Ghezzi (1674-1745).

  • Cappella di San Paolo (quarta a sinistra)

    Tutti i dipinti sono di Taddeo Zuccari (1529-1566) e raffigurano storie della vita di San Paolo. Nelle pareti laterali sei nicchie con busti di membri della famiglia Frangipane. Tre di questi, e precisamente quelli di Muzio e dei suoi figli Lelio e Roberto, sono opera del celebre scultore Alessandro Algardi (1602-1654).

  • Cappella della Madonna dei Sette Dolori (terza a sinistra)

    La pala dell’altare è opera di Pietro Paolo Baldini (1605-1650), discepolo di Pietro da Cortona; le tele laterali sono di Domenico Corvi (1721-1803). Nella volta un affresco di Antonio Bicchierai (1688-1766) con la presentazione di Gesù al Tempio.

  • Cappella della Maddalena (seconda a sinistra)

    La decorazione della volta fu iniziata da Lorenzo da Rotterdam e completata da Giovanni Paolo del Colle nel 1551. La pala dell’altare è del pittore romano Giacomo Triga (1674-1746). Sulle pareti laterali il B. Gioacchino Piccolomini del pesarese Giuseppe Tommasi e la Vergine che appare al B. Francesco Patrizi di autori ignoto del XVIII secolo.

  • Cappella dei Sette Santi Fondatori – Cappella Cesi (prima a sinistra)

    E’ dedicata ai Sette Santi Fondatori dell’Ordine dei Servi di Maria. La pala dell’altare è opera giovanile di Agostino Masucci (1690-1768). Allievo del Procaccini e di Carlo Maratta. Sulle pareti laterali due tele di P. Paolo Baldini vissuto intorno alla metà del ‘600. Addossato alla parete destra, il monumento funerario del vescovo Tiberio Muti, della metà del XVI secolo, il cui autore è da ricercare tra gli artisti della cerchia michelangiolesca.

  • Cappella del Buon Pastore (già del Battistero)

    Realizzata nel 1952 in occasione della beatificazione di Antonio Maria Pucci dell’Ordine dei Servi di Maria (ora santo) nel luogo in cui era il battistero. Nella cupola un mosaico raffigurante il Santo in gloria e nei pennacchi le quattro Virtù Cardinali. Sullo sfondo dell’altare un bassorilievo tardo quattrocentesco con due angeli che reggono un turibolo.Lorem ipsum dolor sit amet, consectetur adipisicing elit. Veniam dignissimos corporis quidem at nobis impedit perspiciatis, accusantium qui natus amet sapiente voluptate doloribus laboriosam officia deserunt possimus cumque inventore. Ipsum.

  • Il Crocifisso Miracoloso

    Il Crocifisso, esposto nella quarta cappella a destra, è stato oggetto di profonda venerazione da parte dei fedeli di Roma sin dal 1519, quando miracolosamente rimase illeso nel grande incendio. Ad esso, portato processionalmente per tutti i rioni di Roma, venne attribuita la cessazione della peste nel 1522 e da quell’evento prodigioso ebbe origine l’Arciconfraternita del SS.mo Crocifisso. La miracolosa immagine durante gli Anni Santi viene portata processionalmente alla Basilica Vaticana ed ivi esposta alla venerazione dei fedeli. Il Crocifisso di San Marcello è stato lungo i secoli oggetto di grande devozione: nel 1522 viene appunto istituita la confraternita denominata “Compagnia dei disciplinati” che nel 1563 fu elevata al grado di arciconfraternita con lo scopo di mantenere viva la venerazione dei Crocifisso con manifestazioni di fede e molteplici opere di carità. Per promuovere la devozione ed il culto al SS. Crocifisso, Papa Benedetto XV, con motu proprio del 1° luglio 1918 eresse la PIA UNIONE PRIMARIA del SS. Crocifisso, con sede nella Chiesa, arricchendola di benefici spirituali. Si propone di promuovere il culto al Mistero della nostra Redenzione partecipandovi con fede e amore; di attingere grazia e misericordia dal Mistero della Passione e Morte di Cristo in favore dei vivi e dei defunti, di onorare Cristo Crocifisso e la Madre nostra la Vergine Addolorata. I fedeli ovunque, specialmente nel Medioevo, hanno sentito la necessità di aggregarsi per motivi di assistenza ai poveri e di culto e pietà, di qui l’origine delle “fraternità” e “confraternite” che hanno raggiunto notevole importanza e sviluppo nei secoli passati. Anche la Confraternita del SS. Crocifisso ha avuto origine da questi motivi ed in più da un fatto, che i cronisti dell’epoca non esitano a definire “miracoloso”. La Chiesa di San Marcello, che per oltre un millennio non aveva subìto danni di particolare entità, improvvisamente nella notte tra il 22 e il 23 maggio 1519, fu distrutta da un violento incendio. Da notare che nei recenti scavi archeologici sono state rinvenute tracce di diversi incendi rilevabili a diverse quote di profondità. Dalla rovina della Chiesa (crollo del soffitto, abbattimento di colonne, rovine delle navate e cappelle) si salvarono miracolosamente il crocifisso ligneo “antichissimo” che si ergeva sopra l’altare maggiore (secondo l’uso dell’epoca) e la lampada di vetro che gli ardeva davanti. Questo evento miracoloso commosse profondamente i romani, cosicché un folto gruppo di fedeli cominciò a riunirsi in uno degli ambienti del convento adiacente, ove era stata provvisoriamente esposta la venerata effige, dando origine a quel culto speciale che da Roma si diffuse nel mondo e che è ancora vivo. Trascorsi 3 anni dallo straordinario avvenimento, una grave epidemia di peste dilagò in tutta la città. Fu allora che il Cardinale Titolare di S. Marcello, Raimondo Vich, spagnolo, per implorare la divina clemenza, promosse in quell’anno una solenne processione penitenziale alla quale parteciparono tutte le categorie di persone: clero, religiosi, nobili, cavalieri, uomini, donne, vecchi e bambini che «scalzi et coverti di cenere a una et alta voce, interrotta solo da singulti e sospiri, di chi li accompagnava, gridavano “misericordia SS. Crocifisso”». Durante quella processione, durata ben 16 giorni, il SS. Crocifisso fu collocato sopra una macchina portato a spalla per i diversi rioni di Roma e giunse fino alla Basilica di S. Pietro. I cronisti dell’epoca sono concordi nell’affermare che dove passava la processione nei diversi rioni la peste cessava. A seguito di questo secondo miracoloso avvenimento, il Card. Vich e molti nobili romani vennero nella determinazione di fondare una Compagnia intitolata al SS. Crocifisso, che venne poi eretta canonicamente in Confraternita e i suoi statuti approvati da Clemente VII il 28 maggio 1526. Giulio III, nel 1550, confermò gli statuti e concesse il privilegio «di liberare ogni anno nelle feste della Croce (in maggio e settembre) un condannato a morte».